L’idioma di Casilda Moreira: la lingua dell’amore

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E’ il primo libro letto con il mio PRIMO gruppo di lettura, quello di cui vi ho già parlato e di cui sono rimasta, come già sapevo, entusiasta.

Credo che leggere e commentare un libro con un gruppo di lettura, che si riunisce una volta al mese, sia l’esperienza più edificante che si possa vivere, tanto da chiedermi: ma come ho fatto prima senza?

Il libro prende improvvisamente tante sfumature e colori, si arricchisce di particolari e spunti a cui magari non si era pensato, si inizia a guardarlo da altre angolazioni e soprattutto si impara ad avere rispetto delle opinioni altrui.

Se dovessi descrivere infatti con una sola parola il gruppo di lettura #laconfraternitadeilettori di Bologna, userei RISPETTO a cui aggiungere GRATITUDINE.

Un ambiente rilassato, offerto dalla splendida cornice della libreria La Confraternita dell’uva, ha accolto ieri sera circa 30  lettori desiderosi di mettere a nudo le proprie emozioni e sensazioni scaturite dalla lettura di L’idioma di Casila Moreira, scritto da Adrian N. Bravi, autore di origine argentina che vive oggi a Recanati dove fa il bibliotecario.
In tanti pensavamo si trattasse di un autore giovane, cioè alle prime armi. Invece si tratta di un cinquantenne che ha all’attivo diversi romanzi.

Come mai questa considerazione? Semplicemente perché a tanti l’opera, sebbene con una buona idea alla base, è sembrata un po’ acerba con tante possibilità non sfruttate. È come se l’autore, volutamente o meno, abbia lasciato tanti aspetti “al caso”, senza approfondire o trattare il tema in modo più elaborato.

A me personalmente il libro è andato bene così, altrimenti sarebbe scaduto troppo in un manuale di linguistica e, avendo già dato all’università l’esame di Glottologia, mi è bastato:-)

Ho trovato alcune parti scontate e prevedibili (per es. la storia d’amore, anche se ci sta, mi è sembrata un po’ forzata senza pathos, come anche il super finale che non spoilero ahaha), ma altre molto poetiche e indelebili. Altre ancora un po’ infantili (per questo pensavo si trattasse di un giovane autore!) ma per lo più deliziose.

È un libro che ho avuto la curiosità di portare avanti senza sosta (quindi nessuna pesantezza) per scoprire il mistero di un idioma in estinzione che solo due superstiti, Casilda e Bartolo, portano dentro di sé, anche se non lo parlano più.

Le descrizioni della pampa, delle persone e dei luoghi visitati dal protagonista alla ricerca dei due superstiti del L’idioma della terra, rendono molto bene l’ambientazione e trasportano in quei luoghi lenti e fatti di persone umili e dove i racconti non si perdono mai.

Alla fine del libro ci si scopre più ricchi e quasi desiderosi di prendere un aereo e andare nell’Argentina del sud, per incontrare Casilda e ascoltare tutta la sua poesia sulla lingua

“Cantavamo insieme nella pianura osservando le nuvole…
Il sentimento e la lingua non sono due cose diverse, noi ci siamo voluti bene in quella lingua e adesso tutte le cose affettuose e le parole belle che ci siamo dette sono scomparse”

C’è la delusione d’amore alla base di questo idioma quasi perduto. È come se i suoi superstiti non volessero più parlarla per non ricordare momenti felici ormai passati e che vogliono gelosamente conservare e preservare nel loro cuore.

Non è forse verso che il linguaggio degli innamorati è comprensibile solo ai diretti interessati?

Alla fine mi sono resa conto di trovarmi davanti a un favola dove tutto è possibile e per cui non è necessario interrogarsi sui perché o i per come. Probabilmente, se ieri sera l’autore fosse stato con noi, ci avrebbe spiegato i motivi di tutti i non detti o dei lasciati andare, per concentrarci sul messaggio principale che ha voluto dare, e cioè che è possibile

“Amarsi e odiarsi in una lingua e trovarsi d’accordo in un’altra”.