La storia sullo sfondo: William Stoner ed Eleanor Rigby

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Tutte le persone tristi, da dove vengono?
Se lo chiedeva proprio Paul McCartney nel suo brano capolavoro “Eleanor Rigby”. Una donna che vive un’esistenza grama, senza sussulti, passata ad osservare le vite degli altri. Ci sono due immagini che la immortalano per sempre come un quadro di Vermeer: la prima è quella di lei alla finestra, che guarda il mondo con una faccia “indossata” come se fosse un vaso. L’altra rivela la sua propensione a vivere di riflesso la felicità degli altri: nell’incipit del pezzo la troviamo a raccogliere il riso nella chiesa di padre McKenzie, dopo un matrimonio. Nulla di più avvilente di una persona sola che tocca la gioia di chi non conosce.

Amo Eleanor Rigby da sempre dell’amore di una parente stretta, Viviana lo sa. L’ ho sognata spesso. Vorrei andare a trovarla a Liverpool in quel cimitero dove Paul prese il suo nome per caso, passeggiando, dalla lapide di una donna morta tanti anni prima. Avrei voluto dirlo ieri sera a Paul, alle mura di Lucca, durante il concerto che aspettavo da tutta la vita. Però ho dovuto fare come Eleanor: raccogliere le briciole del mio dispiacere… sotto forma di un voucher. Ma questa è un’altra storia.

Guardate tutte le persone sole, ci esorta McCartney. Si, è chiaro. Eleanor Rigby e William Stoner sono fatti della stessa materia umana.

La vita che scorre senza sussulti, un’esistenza anonima come tante altre, immutabile e quasi serafica mentre i grandi eventi della storia rimangono sullo sfondo. Pensiamo a Stoner. Due guerre mondiali, a cui non partecipa ma di cui vede le conseguenze nel suo piccolo mondo universitario, osservando i giovani che non tornano più come fa Eleanor da quella finestra. L’America che nel XX secolo ha i suoi alti e bassi nella società e nell’economia, tanto da diventare la prima potenza mondiale: Stoner non ne è toccato, ha il posto fisso, lo stipendio sicuro. La stessa condizione gli è riservata per i sentimenti: non ama sua moglie, ma non può fare altro che starci; ama sua figlia, ma sa che da lei dovrà dividersi; vive la passione per Katherine, ma sa che dovrà finire.

C’è chi la storia la fa in prima linea, c’è invece chi contribuisce allo stesso modo, in apparenza guardandola e basta. Eleanor e Stoner fanno parte di questo gruppo di individui. Un’ indolenza naturale che non è passività: pensate a quanto Stoner ami il suo lavoro e a come si batte di fronte a studenti raccomandati e giochi politici.

Stoner si fa intendere sempre con la parola e con la mente, mai con le gesta eroiche di un cavaliere. Lo pensiamo fermo nel suo studio, a lavorare sommerso dai libri, oppure in compagnia della figlia Grace da piccola. La soavità di quelle immagini di padre e figlia hanno il potere di commuovere i sassi: stanno insieme senza mai toccarsi eppure, come in un quadro di pittura fiamminga, il lettore ha la chiara percezione che i due personaggi sono al centro della propria esistenza. Non potrebbero fare di più o essere diversi. Nessuno oserebbe chiederglielo.

Eleanor muore sola e padre McKenzie legge un sermone in una chiesa vuota, durante il suo funerale. Nessuno ascolta le sue parole, anche se forse non sono altro che quelle di McCartney nel brano. Se avete letto l’ultima pagina di Stoner, sapete esattamente cosa accade a lui e in che modo lascia al lettore un ricordo indelebile, con due dita che scorrono stanche sulla pagina di un libro.

Viviana mi ha detto nei giorni scorsi che ha letto due volte Stoner perchè è come se avesse voluto fargli visita. E’ una frase bellissima e perfetta anche per tutte le volte in cui ascolto i due minuti di Eleanor Rigby.

Allora passiamole a trovare ogni tanto le persone come loro: non perchè stiano per forza male o mostrino così tanto piacere di vederci. Facciamolo soprattutto per noi stessi, quando viviamo i nostri momenti di dolore o torpore. Ricordiamoci però che Eleanor e Stoner sanno bene come vivere senza di noi. Siamo noi che non potremmo mai vivere senza di loro.

 


Ah, look at all the lonely people
Ah, look at all the lonely people
Eleanor Rigby
Picks up the rice in the church where a wedding has been
Lives in a dream
Waits at the window
Wearing the face that she keeps in a jar by the door
Who is it for?
All the lonely people
Where do they all come from?
All the lonely people
Where do they all belong?

Father McKenzie
Writing the words of a sermon that no one will hear
No one comes near
Look at him working
Darning his socks in the night when there’s nobody there
What does he care?
All the lonely people
Where do they all come from?
All the lonely people
Where do they all belong?
Ah, look at all the lonely people
Ah, look at all the lonely people

Eleanor Rigby
Died in the church and was buried along with her name
Nobody came
Father McKenzie
Wiping the dirt from his hands as he walks from the grave
No one was saved
All the lonely people (ah, look at all the lonely people)
Where do they all come from?
All the lonely people (ah, look at all the lonely people)
Where do they all belong?

(The Beatles – “Eleanor Rigby”)