Valerie Perrin e Jeff Buckley: la carità è nel racconto

Valerie Perrin e Jeff Buckley: la carità è nel racconto

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Ne l’angolo dei vinili #libriemusica di oggi celebriamo uno dei nostri titoli preferiti del #2020, “Cambiare l’acqua ai fiori” di Valerie Perrin con l’album “Grace” di Jeff Buckley, proprio nella settimana in cui il suo autore, prematuramente scomparso, avrebbe compiuto 54 anni (17 novembre 2020).

Una perdita troppo precoce quella di Buckley, entrato nel mito con soli due album all’attivo di cui “Grace” rappresenta il punto più alto, non solo della sua esigua produzione. In un decennio dominato dal grunge da un lato e da un ritorno alle origini del rock classico dall’altro, l’autore americano impone uno stile personale, basato soprattutto sulla trasmissione emozionale della propria voce. Ebbene sì, la versione più nota di “Hallelujah” di Leonard Cohen è proprio la sua, con quel crescendo che ancora oggi ci lascia un brivido indelebile di grazia costruita sull’armonia delle chitarre. Ma sono tanti i pezzi degni di nota nell’album, da “Last Goodbye”, a “So Real”, a “Forget Her” dove le ferite di una vita sono narrate con trasporto e autenticità: forse anche per questo la rivista Rolling Stone ha definito l’album un gioiello “a metà strada fra metallo e angeli”.

Quando i sentimenti risultano autentici e il mezzo artistico viene padroneggiato con sicurezza, che sia parola scritta o cantata, è possibile far vibrare le corde dell’anima. Proprio come accade in “Cambiare l’acqua ai fiori” di Valerie Perrin (qui la nostra recensione).

La storia travagliata eppure dignitosa di Violette non è tanto diversa da quella di Jeff, soprattutto nell’elaborazione dei lutti e nell’accettazione dei soprusi subiti in ambito familiare.

Non vogliamo però fare una gara a chi ha sofferto di più, anche perché sarebbe sbagliato porre un personaggio letterario sullo stesso piano di un cantante realmente esistito. Abbiamo solo immaginato una persona che arriva al cimitero e racconta alla guardiana Violette la storia della morte di Jeff, in modo che lei possa trascriverla nel suo prezioso libro. La storia di un ragazzo che stava costruendo la sua strada nella musica ed è morto una sera qualunque, mentre nuotava nel fiume Mississippi, ufficialmente per una disgrazia.  Disgrace, bizzarro gioco di parole. Molti non hanno mai creduto alla fatalità, benché la madre di Buckley abbia tolto ogni dubbio in modo piuttosto sbrigativo.

Noi non possiamo sapere cosa è successo davvero sotto quel ponte. Ci piacerebbe però che venisse raccontata in maniera diversa, quella nuotata notturna, rispetto alla freddezza di un atto giudiziario, alle parole di una madre non troppo amorosa o alle solite tesi complottiste.

Leggere il passaggio “da metallo a angelo” su un libro, ascoltarlo in una canzone, mentre la nostra guardiana cambia i fiori alla sua tomba: di certo Jeff Buckley si sarebbe meritato tutta la carità di Violette. La nostra ce l’ha a prescindere.