Un’amicizia di Silvia Avallone

Un’amicizia di Silvia Avallone

Share

Sono contentissima di aver letto, entro l’anno, anche Un’amicizia di Silvia Avallone (Rizzoli), perché mi ha regalato, in questi ultimi giorni del 2020, tantissime emozioni e molte lacrime di commozione.

Un libro nel quale è possibile riconoscersi per i tanti momenti di vita raccontati, dall’adolescenza a un’età più matura, per i luoghi, i fatti storici, i cambiamenti che tutti abbiamo vissuto nel corso degli ultimi 20 anni. E’ un romanzo VERO, sincero, ben costruito, con il giusto pathos e suspense.
Sono rimasta col fiato sospeso fino alle ultime righe e, una volta terminato, mi è mancato tantissimo.

Mi sono ritrovata a pensare per giorni ad Eli e Bea, alle loro famiglie, ai loro sogni e ai loro ricordi adolescenziali.

Ciò che infatti ho apprezzato di più di Un’amicizia di Silvia Avallone è stata la sua capacità di coinvolgermi e di far riaffiorare in me ricordi a cui non pensavo quasi più. I liceo classico, i momenti vissuti in classe a ricreazione, l’uscita in motorino, il nodo allo stomaco sperando di incontrare “qualcuno”, i biglietti lasciati sotto il banco, lo studio del greco e del latino, le interrogazioni.
E non solo.
“Un’amicizia” non si concentra solo sul periodo scolastico delle due protagoniste, Eli e Bea, ma su un lungo arco temporale vissuto in luoghi stupendi della nostra Italia.
Apprezzo tantissimo (e l’ho detto più volte) le storie ambientate nel nostro Paese, soprattutto se si tratta di posti a me tanto cari.
Come poteva lasciarmi indifferente trovare i personaggi di questa storia a Bologna, all’Università e proprio tra le vie dove mi reco ogni giorno per lavoro?
Per non parlare della Toscana sul mare, la costa da cui è possibile vedere l’isola d’Elba.
E’ stato bello scoprire anche Biella e ripercorrere le difficoltà degli spostamenti, quando ancora, nei primi anni 2000, non eravamo accompagnati dagli smartphone e da google maps.

“Niente muore davvero nei luoghi”.

Ho rivissuto, quindi, gli anni del boom del digitale ma anche l’emozione dei semplici squilli che solevamo scambiare con amici e amori; l’arrivo di internet in tutte le case (come non dimenticare il modem 56K e la linea di casa sempre occupata!?), la voglia di scoprire sempre cose nuove e soprattutto sbagliare.

Un’amicizia porta dritti anche in FAMIGLIA, ricordandoci che la perfezione dei nuclei famigliari non esiste e che anche le famiglie più sgangherate sono la nostra ancora, il rifugio di cui tutti abbiamo bisogno. Il rapporto madre-figlia, in particolare, è al centro delle vite delle due ragazze protagoniste, fatto di odio e amore. BISOGNO.

“Sapevo che una madre conteneva due estremi e passava dall’uno all’altro senza preavviso. E tu potevi odiarla finché volevi ma poi arrivava sempre la necessità fisica di farti abbracciare e accettare. Tu irrisoria e lei gigantesca, una disparità incolmabile che in certi casi ti compromette la vita”.

Straziante il bisogno di amore, di supporto, di genitori pronti a capire, sostenere nonostante tutto, gli errori, le scelte sbagliate.

“Ma i figli sono così: loro devono andare, allontanarsi, mentre tu non puoi, nemmeno di un millimetro”.

Mi è molto piaciuto, inoltre, il romanzo nel romanzo e il finale che, si, è come speravo ma NON scontato.

“Penso che l’unica cosa che abbia il potere di restare e di durare, alla fine, siano le parole con dentro un significato. Che non ci sia altro modo di trattenere la vita”.

Non è così?