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Niente di vero di Veronica Raimo

Il romanzo di Veronica Raimo, Niente di vero (Einaudi), tra le proposte del Premio Strega (in attesa della dozzina 2022), in realtà è incredibilmente vero perché, contrariamente a quanto afferma il titolo, è il racconto lucido e dettagliato (a volte fin troppo) della vita dell’autrice, non tralasciando nessun ricordo (nemmeno quelli scomodi) legato alla sua famiglia.

Le ultime dieci pagine del romanzo chiudono in qualche modo un cerchio e soprattutto spiegano il titolo (ammetto che fino alla fine ho pensato – e forse sperato – che la Raimo se ne uscisse con un “ci sei cascata/o, non è niente di vero, me lo sono solo immaginato”), quando l’autrice ammette che la scrittura per lei “è essenzialmente scrivere cose ambigue e frustranti“, un talento imparato già da bambina quando scriveva le favole o il diario segreto (che la mamma leggeva), zeppo di bugie per depistare la madre: i suoi primi passi verso l’impostura.

Ma d’altronde “manipolare la verità” è stato un esercizio di stile famigliare, un modo di sabotare la memoria per un tornaconto personale.

Il fatto è che tra le pagine di questo romanzo, c’è la verità delle sue bugie e quindi una confessione a 360°, a partire dal rapporto con i genitori e il fratello, i suoi pensieri e desideri, le sue amicizie e il dono della scrittura condiviso con il fratello.

Il rapporto con il fratello (che mi ha fatto tanta tenerezza) e soprattutto il malessere condiviso si apprende già nelle prime pagine:

“Non eravamo che bambini bravissimi a rompersi le palle”

Ho riso tanto. Ma davvero fa così ridere?

Veronica è cresciuta in una famiglia costituita da una madre ansiosa e ipocondriaca e un padre con l’abitudine di costruire muri all’interno di una casa già piccola, per non “arrivare al paradosso” e un fratello che inventa giochi inutili (ma il tempo tra le 4 mura di casa bisogna pur passarlo!).

E lei? Come si descrive Veronica? Una bambina, poi ragazza e donna, che non dorme mai la notte (“Il suo problema non è l’insonnia, ma un brutto carattere“) e che inventa persino i sogni per farseli interpretare dal fratello. Una donna che ha avuto degli uomini con cui però non è riuscita a costruire dei rapporti davvero saldi, forse perché condizionata dal modello dei genitori, quello che non avrebbe mai voluto nella sua vita.

Veronica senza vergogna, e soprattutto senza pensare alle conseguenze del suo racconto (penso alla madre:-)), racconta le peggiori scene (alcune sono davvero disagianti) che diventano materiale straordinario per un romanzo fin troppo sincero che fino alla fine si spera “non sia niente di vero”.

E invece, lo è.

Veronica Raimo è nata a Roma nel 1978. Ha scritto i romanzi: Il dolore secondo Matteo (minimum fax 2007), Tutte le feste di domani (Rizzoli 2013) e Miden (Mondadori 2018), uscito in UK, Usa e Francia. Nel 2019 ha scritto il libro di poesie Le bambinacce con Marco Rossari (Feltrinelli). I suoi racconti sono apparsi su diverse antologie e riviste, sia in Italia che all’estero. Ha cosceneggiato il film Bella addormentata (2012) di Marco Bellocchio. Si occupa di giornalismo culturale per diverse testate. Ha tradotto dall’inglese, tra gli altri: Francis Scott Fitzgerald, Octavia E. Butler, Ray Bradbury

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