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Achille e Odisseo. Iliade e Odissea. Schiettezza contro inganno.

Ho molto apprezzato il saggio di Matteo Nucci, pubblicato recentemente da Einaudi, dedicato ai due grandi personaggi dei poemi omerici, quelli di cui si conoscono le storie anche senza avere letto le due grandi opere, primi esemplari della letteratura occidentale, “inarrivabili e inarrivati“.

Leggendo i brevi e ben strutturati capitoli di Achille Odisseo. La ferocia e l’inganno, ho pensato che avrei tanto voluto fare una tesi di laurea su questo tema, poiché sono stata molto coinvolta in passato, e ancora oggi lo sono, da queste due figure che fanno parte di noi. Inoltre la questione omerica mi ha sempre affascinata e, nonostante le opinioni dei critici che ritengono che Omero non sia mai esistito e che le due opere siano il frutto di storie composte e tramandate da cantori, nel corso del tempo, io credo nella figura di questo sommo poeta. Sono davvero convinta, come sottolinea lo stesso Nucci, che a un certo punto sia intervenuta la mano risolutrice di Omero che è stato capace di guardare all’opera nella sua interezza e complessità, riuscendo anche a rendere speculari, in molti punti e per molti aspetti, i due poemi.

Ho apprezzato molto lo studio di Nucci che ha messo a confronto i due eroi, sottolineandone anche le fragilità.

Due eroi diversi ma allo stesso tempo tragicamente vicini, due figure la cui presenza nei due poemi è spesso speculare tanto da poter notare “un gioco di rimandi incrociati“.

C’è persino chi sostiene, nell’ambito della questione omerica, che l’Iliade sia stata composta da un Omero giovane e pieno di foga guerresca, mentre l’Odissea da un Omero più maturo, in cui non brucia più il fuoco degli anni perduti.

Ho apprezzato l’analisi compita dall’autore perché attraverso Achille e Odisseo ha ripercorso le vicende principali narrate dai due poemi, mettendo in luce i punti in comune tra le due opere e i due eroi.

Sapevate che sia l’Iliade sia l’Odissea iniziano presentando Achille e Odisseo in lacrime? Achille piange per Briseide che per vendetta gli viene strappata da Agamennone (da qui si scatena la famosa ira di Achille); Odisseo appare invece in lacrime davanti al mare dell’isola di Calipso, che lo ha ospitato per otto anni e dalla quale vuole andare via per tornare finalmente a Itaca, a casa. Anche il finale dei due poemi presenta un epilogo simile che vede i due eroi “nell’abbraccio del padre”.

Odisseo ha la possibilità di riabbracciare il vecchio padre Laerte, Achille non può ma il poeta mette in scena “un incontro che fa tremare i polsi”: gli fa incontrare Priamo, il vecchio re di Troia. In lui Achille vede suo padre mentre apriamo vede in Achille suo figlio, un eroe giovane è innamorato della vita che è andato incontro al destino con fierezza e dignità. Il padre e il figlio anche qui si abbracciano e piangono.

Stupendo scoprire quindi la specularità tra i due poemi che, in questo caso, si realizza all’insegna delle lacrime.

Molto bella la riflessione sulle emozioni: chi vuole essere eroe deve vivere fino in fondo le proprie emozioni e anche piangere.

Chi non sa piangere non può dirsi uomo.

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