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Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa

“I siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti; la loro vanità è più forte della loro miseria…”

Leggere questa frase ne Il Gattopardo, scritto tra il 1955-56 da Giuseppe Tomasi, principe di Lampedusa, mi ha fatto un certo effetto perché ancora attualissima, così come le tante altri citazioni che non ho potuto fare a meno di sottolineare.

Come afferma Maria Bellonci, nella nota introduttiva al romanzo in mio possesso (vincitore premio Strega 1959), “la lettura de Il Gattopardo produce uno straordinario senso di stabilità; è uno di quei libri che vivono oltre il margine della pagina, che hanno cioè un retroterra così ricco da solleticare le percezioni e la fantasia del lettore”.

Sono rimasta affascinata dal racconto che fa Giorgio Bassani sul suo primo incontro con Giuseppe Tomasi e il modo in cui ha ricevuto, poi, il suo romanzo. Un testo che, già dalle prime righe, egli capì che aveva del valore, opera di un vero scrittore.
Purtroppo Giuseppe Tomasi morì proprio poco dopo aver scritto Il Gattopardo, quindi non ha potuto godere, in vita, della notorietà che ancora oggi non lo abbandona.

Il romanzo gira intorno alla figura del principe Fabrizio Salina per il quale lo scrittore si è ispirato al bisnonno paterno, Giulio di Lampedusa, astronomo. Attraverso il suo ritratto, l’autore ha portato in luce la Sicilia dei tempi dello sbarco di Garibaldi a Marsala e i cambiamenti storici a livello nazionale.
Don Fabrizio rappresenta la volontà dei siciliani di restare ancorati ai privilegi del passato, la resistenza al cambiamento.

“In Sicilia non importa far male o far bene: il peccato che noi siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di fare”

“Non nego che alcuni Siciliani trasportati fuori dall’isola possano riuscire a smagarsi: bisogna però farli partire molto giovani; a vent’anni è già tardi: la crosta è fatta, rimarranno convinti che il loro è un paese come tutti gli altri, scelleratamente calunniato; che la normalità civilizzata è qui, la stramberia fuori.
Appartengo a una generazione disgraziatamente, a cavallo tra i vecchi tempi e i nuovi e che si trova a disagio in tutti e due”.

Il romanzo è stato oggetto di molte critiche, sia positive sia negative; c’è chi lo ha considerato “antistorico”, chi una testimonianza di vita ben spesa; chi una documentazione non veritiera delle condizioni politiche e sociali della Sicilia al tempo del Risorgimento, chi un libro contemporaneo che mostra la Sicilia trascinata dalla corrente della storia.

Insomma, Il Gattopardo ha fatto parlare tanto di sé sin dalla sua prima pubblicazione, vincendo il premio strega nel 1959, presentato da Ignazio Silone e Geno Pampaloni, e si conferma ancora oggi “un felicissimo caso di poema nazionale” (Bassani).

Ho riso leggendo questa frase:

“Il machiavellismo astratto dei siciliani, che tanto spesso induceva questa gente, generosa per definizione, ad erigere impalcature complesse, fondate su fragilissime basi”.

E ancora di più, quando ho scoperto che alla fine dell’800 si usava già l’intercalare che io dico sempre: “Mariaaaaa”!!!

Letto con il mio gruppo di lettura #20autoridellaletteraturaitaliana

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