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“Economia Sentimentale” di Nesi: una nuova fine, un nuovo inizio

La mia difficoltà quando parlo di Edoardo Nesi è astrarre le riflessioni generali da una dimensione personale. Perché il coinvolgimento esiste per forza: in un testo come “Educazione Sentimentale” tutto gira intorno a Prato e ancora alla storia della sua gente, ovvero la mia gente.

Ci provo comunque, perché il libro di Nesi nell’ ambito locale ci sta stretto.

Come ho già avuto modo di dire all’autore in un cordiale scambio di direct su Instagram, quello che rende la sua scrittura così dolente e rabbiosa al tempo stesso è la dignità che sa dare al mondo del lavoro.

Non è la poesia del quotidiano, non è la ricerca di valore letterario in uno scambio commerciale o in un’intuizione imprenditoriale: Nesi parla proprio di come il lavoratore (sia esso industriale, artigiano, operaio, partita IVA) si pone di fronte agli eventi, combattendo con orgoglio ma anche con consapevolezza dei propri limiti di fronte alla Storia con la S maiuscola. Che si tratti dell’ormai nota decadenza del tessile pratese degli anni ’90 o della pandemia mondiale del nefasto 2020 poco importa: resta lo stesso sentimento di smarrimento rabbioso, eppure costruttivo.

Nesi ha raccolto riflessioni di personaggi della vita pubblica nazionale come Enrico Giovannini, di industriali pratesi e non, di lavoratori in proprio, dei commercianti del suo quartiere, per capire se e come usciremo da questa situazione. Non è il banale tormentone da social o da Zoom, quello per cui ci si chiede se dopo il vaccino saremo migliori o peggiori. Nesi parte dall’analisi degli scenari macroeconomici e ne valuta le ripercussioni sulla nostra vita di tutti i giorni. Dubita sempre, perciò chiede, dando praticamente lo stesso valore a personaggi pubblici come al suo macellaio di fiducia. Sa che gli servono prove empiriche, oltre tutte le possibili teorie.

Ritengo persino geniali le parti in cui l’autore sa fare collegamenti illuminanti fra il vecchio titolare d’azienda pratese (suo babbo Alvarado o il Carpini, suo suocero) e l’economista di fama mondiale Gordon, o quelli fra i testi di Bruce Springsteen, lo scrittore Fitzgerald e l’ad del gruppo Yamamay Cimmino. Ci vedo quello stesso gusto che abbiamo dalle mie parti di erigere a massimo filosofo della storia mondiale il barista di turno o l’elettricista, come pure un bravo imprenditore o un professore stimato.

Chi ha la capacità di vedere l’insieme e intravedere un futuro diverso per intuizione, conoscenza o semplice follia è degno di nota, poco importa la sua posizione o il suo titolo di studio.

Non dà soluzioni Nesi, non le può conoscere, le cerca anche lui fra una telefonata e l’altra, con la figura di suo babbo sempre sullo sfondo, quell’uomo con cui sembra avere avuto poco in comune ma che in realtà gli ha insegnato la vita. A lui dedica un capitolo finale in cui è difficile trattenere le lacrime, nel ricordo di un viaggio che trasforma fra Prato in New York nel mezzo di una notte d’estate. Ecco allora il racconto di episodi della sua vita aziendale, che sembrano spin off di “Storia della mia gente”, intervallati da lunghe riflessioni su dove arriveremo con questo modo di lavorare e di vivere, in una società che ha prodotto benessere ma anche riempito il mondo di scarti tessili, plastica, inquinamento.

Nesi ha certamente una visione etica del lavoro che lascia sempre l’amaro in bocca, ci costringe a riflettere sulle nostre abitudini di vita e che comunque, ad essere ottimisti, rappresenta un buon punto di partenza per costruire un futuro diverso. Il penultimo capitolo, quello in cui parla con Guido Mario Brera delle trasformazioni dello smart working e del futuro sempre più basato su lavori ad alta specializzazione, apre nuovi scenari a cui potremmo assistere nell’immediato.

Leggendo “Economia Sentimentale”, vi specchierete per forza nella desolazione, nella rabbia e (a volte) nell’esaltazione di un mio concittadino che ancora una volta ha saputo portare “questa nostra città piena di vento” a modello di una nuova fine e di un nuovo inizio.

Uscire diversi da tutto quello che stiamo vivendo, in fondo, è la nostra grande occasione.

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