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Ridere nel pianto: la poesia di Rilke

Ancora prima di entrare nel merito di temi e accostamenti, mi preme raccontare il mio personale approccio alla lettura di un testo poetico. Se si legge una poesia di qualsiasi autore senza preparazione precedente e approfondimento successivo, il rischio è quello di posare velocemente il libro e tornare ai sentieri più conosciuti del romanzo classico. Serve uno sforzo maggiore, esattamente come quando si ascolta una musica d’autore rispetto a quella pop: citando Massimo Zamboni (ex chitarrista dei CCCP-CSI, ora apprezzato solista) in una recente intervista ha detto: “Con la musica d’autore bisogna scontrarsi, amarsi, odiarsi, prendersi, lasciarsi”.

Lo stesso vale per l’approccio alla poesia: non è semplice, ma pensiamo che forse nessun romanzo al mondo possa lasciare una persona migliore come un elegia o un testo poetico assorbito fino all’ultima frase. Questo per il semplice fatto che il genio poetico, con una semplice immagine in parole, riesce a imprimere in chi legge qualcosa di talmente profondo che dopo non è più  possibile guardare il mondo con gli stessi occhi.

Il mio percorso nella poesia è partito con  “Elegie Duinesi” di Rainer Maria Rilke.

Innanzitutto, perché proprio Rilke?

Il suo nome mi aveva incuriosito come autore della citazione sui titoli di coda di “JoJo Rabbit”, un film che ho molto amato:

Lascia che tutto ti accada: bellezza e terrore.
Si deve sempre andare:
Nessun sentire è mai troppo lontano.

Ho scoperto come questa dicotomia sia uno degli aspetti fondamentali della poesia di Rilke.  Poi c’è stato Tondelli (e chi sennò?) che, nei suoi frammenti dagli anni ’80, fa riferimenti al poeta nato a Praga nel 1875  e vissuto a lungo fra Germania e Austria nella prima metà del ‘900. Infine, mi ha condotto a lui un momento personale particolare: come spesso accade con la musica, nella poesia è più facile intravedere risposte in un periodo in cui ci si fanno molte domande.

Le “Elegie Duinesi” sono dodici componimenti, non necessariamente brevi, scritti circa 100 anni fa durante il soggiorno del poeta a Duino, vicino a Trieste. Ho letto prima tutta l’introduzione, per capire a quali tematiche mi sarei trovato di fronte. Alcune di esse: il trascorrere del tempo, la metamorfosi, il divenire, gli esseri umani che possono provare a comprendere la vita ma non certo il mistero della morte. Esiste in lui l’idea del regno di passaggio, sospeso appunto fra vita terrena e quella spirituale, che può essere compreso solo da alcune figure come gli angeli, gli amanti e Orfeo, il semidio che troveremo poi nei suoi sonetti.

Gli angeli non sono quelli che siamo abituati a pensare noi, secondo la dottrina cattolica: si avvicinano molto di più alla concezione della Natura di stampo romantico, o anche leopardiano,  come entità fredda,  austera, portatrice dell’ineluttabile. Esattamente la stesso sentimento che suscitarono nel poeta i quadri ci Cezanne o i testi di Proust.

Gli amanti vivono l’illusione di raggiungere la perfezione attraverso l’unione delle loro menti e dei loro corpi, ma in realtà è anche questa una fase transitoria, proprio perché la loro condizione terrena non gli permette di arrivare a questo livello di conoscenza. L’infinito è solo illusione. Orfeo invece, esattamente  come gli angeli, è in grado di riuscirci e per questo diventa la vera guida del poeta. Nel mito Orfeo torna sulla terra dall’Ade: il fatto di avere visto entrambi i regni (quello di vivi e quello dei morti) lo rende divinità, ben oltre l’umano.

Le elegie di Rilke sono piene di riferimenti al mondo classico, come appunto si può già capire dal riferimento a Orfeo: sarebbe quindi impossibile comprendere alcuni pezzi senza un ulteriore approfondimento. Ecco perché dopo aver letto ogni componimento sono, poi, andato in fondo al testo, dove si può trovare un’esegesi dettagliata sul testo. Rileggendo da capo la poesia, non mi è più uscita di mente. Dunque, le quattro fasi per capire una poesia:

  • introduzione generale
  • poesia
  • esegesi singola poesia
  • di nuovo poesia.

Uno sforzo indubbiamente rispetto alla voracità di lettura di alcuni romanzi che “scorrono”, ma ampiamente ripagato se un’immagine, una frase, una visione può contribuire a renderci più ricchi e addirittura vedere il mondo con occhi diversi.

Freud, contemporaneo e amico di Rilke, disse di lui che di fronte a un bellissimo campo di fiori non ne apprezzava la bellezza dell’insieme, ma diventava assorto, riflettendo sul fatto che, come accade per la vita di ogni uomo , quella fioritura sarebbe per forza passata. Non c’è nulla di triste in questo, solo presa di coscienza: la vita è mutamento e gli uomini non possono comprendere cosa c’è oltre, ma se riescono a ottenere la consapevolezza di questo limite possono vivere anche attimi di vera gioia. Proprio come il pezzo su bellezza e terrore in “Jo Jo Rabbit”: entrambe fanno parte della vita e si può essere felici anche “cadendo” (da “caduca”, come la condizione umana) e ridendo nel pianto.

[…]Ma se quelli che sono infinitamente morti
una figura a noi risvegliare potessero,
vedi, indicherebbero forse gli amenti degli spogli
noccioli, che pendono, oppure
significherebbero la pioggia che cade a primavera sulla terra scura.

E noi, che pensiamo alla felicità
come ascesi, avremmo l’emozione,
che quasi sgomenta,
di una cosa felice cadendo.
(XXII Elegia)

Nel successivo “I Sonetti ad Orfeo”, dedicati al semidio e ricca degli stessi temi delle elegie di cui sono una sorta di integrazione,  Rilke usa una forma poetica più classica, più breve. Riportiamo per intero il nostro preferito:

Noi siamo nell’affanno
Ma il passo del tempo
Consideralo un’inezia
in ciò che sempre resta.

Tutto ciò che incalza
sarà presto trascorso;
Soltanto ciò che indugia
è ciò che ci consacra.

Fanciulli non buttate
il cuore nella rapidità,
ad arrischiare il volo.

Tutto si è acquietato:
oscuro e chiarità,
fiore e libro.
(XXII Sonetto a Orfeo)

Leggendo, ho ovviamente ritrovato mondi e frasi dei cantautori che, se non si sono riferiti direttamente a Rilke, certamente mi hanno riportato al mondo poetico dell’autore praghese.

Ecco allora Giovanni Lindo Ferretti e i suoi CCCP – CSI che raccontano una natura selvaggia attraverso il cavallo in copertina dell’album  “Tabula Rasa Elettrificata”, con il viaggio in Mongolia che da esperienza privata diventa pubblica, per l’ascoltatore. Temi già tutti presenti nel XXX sonetto a Orfeo. E poi “Amandoti”, con quella strofa:

Amarti m’affatica
Mi svuota dentro
Qualcosa che assomiglia
A ridere nel pianto
Amarti m’affatica
Mi dà malinconia
Che vuoi farci è la vita
È la vita, la mia
(Amandoti)

Vi ho trovato anche Francesco Guccini, che in Radici parla così della casa della sua infanzia, monolite di un’esistenza, ricco di ricordi eppure incredibilmente austero:

Ma è inutile cercare le parole
La pietra antica non emette suono
O parla come il mondo e come il sole
Parole troppo grandi per un uomo
(Radici)

Non è forse simile al Rilke della seconda elegia duinese, quando afferma:

[…] Ché tutto sembra, allora,
dissimularci, attorno.
Guarda! Gli alberi, sono. E ancóra stanno
le case ove abitiamo.
Ma noi su tutto si trasvola via […]
(II Elegia)

Infine Vasco Brondi, giovane cantautore emiliano capace di toccare le corde dell’anima parla sempre della “caducità” dell’essere umano, con i 26.000  giorni che in media abbiamo di passaggio su questa terra. Quando due amanti si abbracciano però  il tempo si ferma tanto da non sapere più “in che epoca siamo”.

Molti altri riferimenti possono essere trovati a partire dalle parole di Rilke a cantautori, artisti, esperienze di vita.  Dopo aver capito testo e contesto del poeta, ognuno potrà trovare la sua personale declinazione: è il bello dell’arte.

Ho avuto, quindi, la conferma di come i poeti riescano a vedere cose che per gli altri sono precluse: nel loro modo solo apparentemente triste di approcciarsi al mondo celano il sorriso di chi ha capito come si muove ogni cosa intorno a noi.

D’altronde noi umani tendiamo a “vedere troppo nette le distanze” , anche rispetto a chi non c’è più. Personalmente, forse era questa la risposta che cercavo in questo momento e che Rilke mi ha offerto con la sua poesia.

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