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Fiesta! Se la donna spezza gli equilibri. Gelosia e arena da Hemingway a Lou Reed

Ogni anno in questi giorni (dal 6 al 14 luglio) la città di Pamplona celebra la sua festa e si ricorda il motivo della sua fama mondiale. Un susseguirsi di corride, toreri e vino in un festival di “sangue e arena” che per la Spagna è un vero e proprio marchio di fabbrica, come quei cartelloni a forma di toro sull’autostrada per Madrid.  San Firmino è una di quelle manifestazioni di cultura popolare che i forestieri guardano basiti, visti gli atti sconsiderati di uomini che mettono a repentaglio la propria incolumità e la presenza di animali uccisi per il puro gusto dello spettacolo. Chiunque di noi potrebbe applicare questo giudizio, a prima vista. Ho sempre pensato tuttavia che nella passione di un popolo debba esistere una spiegazione più profonda, che non sia il riferimento alla pura e semplice cultura del luogo. I tempi cambiano, le sensibilità pure: forse nella notte dei tempi in cui affondano le radici di questa tradizione non esisteva un sentimento popolare diffuso sul tema degli animali. La dimostrazione di “essere uomo”, quel fascino latino che ha ispirato film e romanzi, si estrinsecava perfettamente nell’ “essere torero”. Brett ne sa qualcosa, vedrete.

“Fiesta – il sole sorgerà ancora”, opera prima di Ernest Hemingway, è il romanzo che ha fatto entrare la festa di San Firmino nell’immaginario collettivo.

La trama è in apparenza molto semplice: si tratta della storia di alcuni amici che nei ruggenti anni ’20 partono dalla cosmopolita Parigi alla volta di Pamplona, proprio nel periodo della celebrazione. Come in un torneo di tennis o in un festival letterario, ogni giorno assistono a diverse corride, che in realtà sono l’intervallo ludico in giornate passate fra fiumi di alcool nei vicoli della città. Nel loro atteggiamento c’è lo spirito un po’ snob che l’uomo di città ha verso la sagra di paese, tuttavia è proprio nelle descrizioni delle varie corride che Hemingway mostra la tempra di un grande romanziere: dovizia di particolari, attrazione perversa per la violenza, sensualità, dolore, alienazione, morte.

Nell’indimenticabile personaggio dell’unica donna che fa parte di questo gruppo di amici, nel modo leggero e appassionato in cui l’autore la descrive, troviamo il collegamento al nostro vinile di oggi. Se Hemingway fosse stato coevo di Lou Reed (e magari influenzato da Andy Warhol a New York) avrebbe forse sottotitolato questo libro “Brett e i suoi amici alla festa di San Firmino”.

La vera protagonista è lei, come Nico nel famoso disco di esordio dei Velvet Underground: quella di Brett è una presenza che non viene percepita immediatamente ma che alla fine risulta possente e indispensabile.

Brett ha ormai passato la trentina, è una donna libera e disponibile, si concede a tutti gli amici senza essere di nessuno. Jake stesso, l’io narrante della storia, la ama profondamente ma non può possederla fisicamente a causa di una menomazione fisica avuta in guerra. Per tutto il romanzo si ha la sensazione che il gruppo che partecipa alla festa non sia lì per vero senso di amicizia virile dell’uno verso l’altro, ma piuttosto per tenersi d’occhio, per capire chi di loro frequenta Brett senza farlo sapere agli altri. Nel clima di sospetto che aleggia nel gruppo, che fa da contraltare all’aria spensierata delle strade di Pamplona, ha la meglio proprio un giovane torero, per il quale la passione della donna scoppia in modo naturale e prevedibile. E’ la vittoria della fiesta, dell’uomo spagnolo per antonomasia: questa è una scintilla che fa scoppiare una vera deflagrazione nella comitiva venuta da Parigi.

L’unica donna oscura quindi un microcosmo di uomini affermati: nutre l’insieme come linfa vitale ma ha anche il potere di farlo esplodere nel momento in cui le sue attenzioni si concentrano altrove.

Brett è la stessa forza distruttrice che avrebbe potuto essere Nico per i Velvet Underground, pur senza evidenze di particolari storie amorose con i membri del gruppo. Eppure questa cantante tedesca dalla voce sottile, arrivata dalla “scuderia” di Andy Warhol, già dal primo album è sul punto di mettere nell’ombra una compagine che dal mondo della pop art newyorchese è destinata a conquistare le scene del rock mondiale. Lou Reed e gli altri lo capiscono subito: l’allontanamento (dice poi proprio lei in un’intervista successiva)  è dovuto proprio a dissapori interni, al fatto che quella presenza discreta ma significativa può spezzare gli equilibri del gruppo al primo successo.

Il motivo è la semplice gelosia, la stessa di Jake e suoi amici verso Brett: poco importa che in un caso di parli di passione amorosa, nell’altro di successo artistico.

Nico non arriva al secondo album, ma lascia una traccia indelebile e discreta nel primo, un disco che anche attraverso la sua voce narra del dolore che può esserci dietro un’atmosfera spensierata solo in apparenza. Basti pensare a pezzi (tutti scritti da Lou Reed) come “All Tomorrow’s parties”, “I’ll be your mirror” ma soprattutto a “Femme Fatale”, in cui sembra celato quello che lei avrebbe potuto diventare per la band.

Amore, gelosia, passione, sensualità e soprattutto una donna che con la sua presenza toglie certezze ad un insieme di uomini.  Anche se (causa Covid) la festa di San Firmino quest’anno non si farà, i sentimenti narrati da Hemingway non cesseranno di esistere nella sua e in altre opere letterarie e musicali, anche degli anni a venire. A volte, per scrivere grandi romanzi e comporre dischi indimenticabili, occorre descrivere quelle passioni incontrollabili e niente affatto razionali che ognuno di noi prova dentro di sé. In fondo siamo fatti di carne, di sangue e forse un po’ di arena.

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