Sapevo già ancora prima di iniziarlo che questo ultimo romanzo di Fabio Genovesi non mi avrebbe deluso, per il semplice fatto che di lui ho letto diversi libri e tutti mi sono rimasti dentro. Le citazioni appuntate nel mio blocnotes derivano soprattutto dai suoi libri e, rileggendole, mi sono accorta di un certo filo conduttore presente in ogni libro scritto dall’autore toscano.
Proprio così: i suoi protagonisti, in ogni romanzo, presentano delle particolarità, hanno a che fare con il mare (dovuto probabilmente al fatto che Fabio è di Forte dei Marmi), attraversano delle crisi, si differenziano dagli altri, fanno un percorso di crescita, perdono e poi vincono. I protagonisti di Fabio Genovesi, nel corso del tempo, infatti, te li ricordi e non li dimentichi mai, perché diventano tuoi amici, ti fanno ridere e piangere, tifare e arrabbiare. Qualunque sia il sentimento che ti fanno provare, ti dispiace lasciarli quando chiudi il libro, tanto che centellini le ultime pagine e speri di terminare la lettura il più tardi possibile.
Dopo questa lunga premessa avrete sicuramente capito quanto io abbia apprezzato Cadrò, sognando di volare. L’ho amato dalla prima pagina e ancora di più quando, alla fine, l’autore spiega il significato di questo titolo: viene dal poeta Alfonso Gatto che non sapeva andare in bicicletta tanto che lo stesso Fausto Coppi cercò di insegnarglielo, reggendolo da dietro. Cadendo subito dopo, il poeta ha pronunciato le magnifiche parole “Cadrò, cadrò fino all’ultimo giorno della mia vita, ma sognando di volare“.
Un brivido.
E tanti sono stati i brividi che ho provato, leggendo la storia di Fabio, il protagonista di questo romanzo, che ama la bicicletta (la bici, oltre al mare, ricorre spesso nei romanzi di Genovesi) e segue come una religione il Giro d’Italia.
La storia di Fabio si interseca con quella del grande Pantani, tra cadute e risalite, vittorie e disperazione. Ma non ci sono solo loro, perché accanto ai due che sembrano i soli protagonisti di questa storia, ce ne sono almeno altri tre, altrettanto importanti e utili al percorso di crescita di ogni personaggio.
A fare da sfondo c’è il tempo, gli anni, il cronometro delle corse di ciclismo, i minuti, le ore e i secondi che spesso si perdono dietro a “sogni” che non sono i propri per non deludere gli altri.
E poi c’è la poesia di Jim Morrison a fare da colonna sonora, canzoni che accompagnano la vita di Fabio e quella di un prete (chi lo direbbe mai!?), anche se poi la cosa giusta da fare non si trova dentro una canzone.
E insomma, il libro è assolutamente da leggere ed io, oggi, vorrei tanto avere anche io, al polso, un orologio vecchio e fermo, a ricordarmi che nella vita è importante rialzarsi, ma soprattutto cadere.