A volte serve ripartire dalle origini. Dai classici.
A volte semplicemente per una questione di gusto. Di orecchio. Non amo il pianoforte di Elton John (anche se ne riconosco la bravura), né gli archi che condiscono i brani rock come olio su pezzi di carne insipida. Se il suono è grezzo e la materia prima è buona non serve nulla di più di un buon basso, una batteria che dà il ritmo, una voce centrata (non necessariamente quella di Freddie Mercury, per capirci) e soprattutto una chitarra che parla ai muscoli, alla pancia e al cuore.
Come Mark Knopfler e i suoi Dire Straits, che una Paola Maugeri sempre in bolla ha definito (non ricordo mica in che occasione) “il lato gentile del rock”.
Il vinile in questione è la loro raccolta di successi “Private Investigations”.
La musica di Mark Knopfler è un rock che parla direttamente al cuore.
Si accompagna benissimo ad una domenica pomeriggio passata in compagnia del proprio libro preferito.
Eppure non mancano i ritmi: lo swing, di cui si ritenevano giocosamente sultani (“Sultans of Swing”), il rock classico che ci si immagina suonato su su MTV (“Money for Nothing”) o il motivetto allegro che ci fa tornare bambini, quando guardavamo in TV le papere degli sport americani ( “Walk of Life”).
Il meglio però Mark lo dà nel tocco delle canzoni d’amore, che non amo di natura. Ma qui è naturale fare un’eccezione, che nasce prima di tutto dalla curiosità. quando si ascolta “Tunnel of Love”, o “Lady Writer”, o la meravigliosa “Love Over Gold” (che contiene un sample dell’altrettanto notevole “Private Dancer” che Mark scrisse per Tina Turner) ci si chiede se sia il sound della sua Fender ad appoggiarsi dolcemente sulle parole o viceversa. Forse dipende dai momenti stessi del brano.
“Romeo and Juliet” è il punto più alto della sua poetica, il vero riferimento ad un classico che tutti conosciamo, rivisitato in chiave moderna eppure sempre attuale.
Gli accordi iniziali fanno da preludio ad un testo che scorre in maniera naturale, come la serenata che Romeo di Mark dedica a Giulietta sotto la sua finestra (“A lovestruck Romeo sings a streetsus serenade”) e del tutto inaspettata per la ragazza (“Juliet says hey it’s Romeo you nearly gimme a heart attack”).
Memori dell’opera di Shakespeare, ce li immaginiamo in costumi secenteschi. Tuttavia quando Romeo fa capire senza mezzi termini che il loro amore tormentato è stato anche consumato (“Juliet when we made love you used to cry”), ecco che i due personaggi si avvicinano al nostro tempo e diventano improvvisamente ragazzi di oggi, che vivono una storia d’amore importante e difficile.
Il vero muro forse non è stato costruito da famiglie rivali, ma dai malintesi, dal detto e non detto, dalle schermaglie fra innamorati che tutti conosciamo e che sanno ferire più di una spada affilata.
Romeo e Giulietta siamo noi.
Siamo noi di fronte alla potenza dei sentimenti, che deflagrano con semplicità nella promessa più bella del brano: “I love you like the stars above I’ll love you till I die”.
Siamo noi nel dubbio che si insinua nella mente dopo una frase come quelle appena detta, troppo bella e perfetta per essere vera: “There’s a place for us you know the movie song – When you gonna realise it was just that the time was wrong, Juliet?”
Vi assicuro che non c’è niente di patinato, nessuna maglietta fina in tutto questo: solo un rock che parla delicatamente a chiunque in un brano musicale cerchi brividi, colori ed emozioni.