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Tondelli e Ligabue: una lettera per certe notti

Il nostro angolo dei vinili augura buon compleanno a Ligabue rileggendo l’intera opera di Pier Vittorio Tondelli, lo scrittore emiliano autore di “Altri Libertini”,  nato nello stesso paese del Liga (Correggio – RE).  Lo abbiamo fatto in un modo particolare: ad ogni strofa di “Certe Notti” abbiamo associato una riflessione o un episodio raccontato nelle opere di Tondelli. Ci ha dato un ottimo spunto il pezzo contenuto nel numero 155 di Robinson e una recente intervista del cantante a SkyTg24

Certe notti la macchina è calda e dove ti porta lo decide lei

Caro Vicky,
la macchina mi porta fuori dal paese in cui sono nato. 10mila abitanti, un po’ come il tuo. Mi porta nella mia Bologna, a Milano dove provo ad affermarmi, in Sicilia dove non posso che innamorarmi. Ma io sono come te, Vasco, Giovanni Lindo Ferretti, Francesco Guccini. Che presunzione, eh? Ma no, dai, sono un pendolare nato, questo voglio dire. “Un pendolare del rock”, come si è autodefinito Ligabue, parlando di sé e degli altri cantanti della via Emilia. Già, proprio quel Liga che ti deve tanto anche se non ha fatto in tempo a dirtelo. Ecco perché mi va di parlarti attraverso la sua canzone più conosciuta, “Certe Notti”. Chissà se tu avrai fatto in tempo ad ascoltare i suoi “Sogni di Rock n’roll” e i brani del suo primo album, usciti un anno prima che tu ci lasciassi. Forse qualcosa avevi sentito nella versione accorata e impersonale di “Sogni di Rock n’Roll” di Pierangelo Bertoli, un altro pendolare della musica che ha deciso di vivere e morire dov’è nato.
Continuiamo, se ti va.

Certe notti la strada non conta che quello che conta è sentire che vai

Vai, vai avanti. Anche se per tutti hai già un’etichetta addosso, a partire dal tuo primo libro. Tu, giovane scrittore proveniente da ambienti cattolici, traviato o stimolato dal Dams di Bologna a seconda dei punti di vista, con “Altri Libertini”” hai consegnato ai posteri racconti indimenticabili della peggio gioventù di provincia, quella che nell’Italia “da bere” degli anni ’80 non si poteva ancora raccontare. Non i poveri, ma i veri emarginati. I froci, le puttane, gli scappati di casa. E poi i buchi, l’eroina, il dolore, la fame di vita. Hai scritto parolacce e bestemmie su quelle pagine (anche in classici come “Moby Dick” ce ne sono), ma non lo hai fatto per stupire o far parlare di te. L’ho capito benissimo in un passaggio della mia personale bibbia pagana che è “Un weekend postmoderno” (il libro che non toglierò mai dal mio comodino): la sfida di un romanziere è astrarre il proprio “io narrante” dalla sfera personale per entrare in quella del personaggio che sta raccontando. Non c’è scelta se si vuole risultare credibili. Come avresti potuto usare il linguaggio alto e forbito di “Camere Separate” per il sottobosco di umanità che frequentava il “Postoristoro” della stazione di Reggio Emilia? Il motivo è lo stesso di Melville, che certamente conosceva il linguaggio poco aulico usato dai marinai di una baleniera. Allora di fronte a chi “sceglie la tua verità”, come quella fra palco e realtà raccontata da Ligabue, l’unica possibilità che hai è andare avanti. Per una certa corrente di pensiero sei diventato il figliol prodigo, per altri un eroe o un rivoluzionario. Tu in fondo avevi solo fame di scrivere di tutto, ma proprio di tutto quello che sentivi e vedevi intorno a te, fra nebbia  e casolari a cui davi del tu. Dietro quel sottobosco di ragazzi entrati nel tunnel della droga, gay sempre più repressi, piccole prostitute maltrattate e odiate, un giovane cantante del tuo stesso paese ha visto la possibilità di parlare di qualsiasi cosa. Il suo quotidiano, il suo bar Mario con i suoi inconfondibili personaggi sono diventati musica. Senza di te ci saremmo persi Ligabue.

Certe notti la radio che passa Neil Young sembra avere capito chi sei

Com’è vero che quando la radio passa il tuo cantante preferito sembra avere capito cosa stai provando in quel momento. Nei tuoi libri parli tantissimo di musica: in “Un Weekend Postmoderno” ci hai consegnato la fotografia letteraria di quel mare d’Inverno cantato dalla Bertè, così lontano dai bagordi dell’estate che tu stesso hai raccontato in “Rimini”. Hai parlato delle radio libere degli anni ’70,  mi hai fatto capire una volta di più che il rock non nasce solo da un riff di chitarra o da una linea di basso potente, ma dalla voglia di combattere il proibito per essere liberi di compiere le proprie scelte. Parli del tuo amore smisurato per Morrissey e i “The Smiths”, citi i cantanti della via Emilia, lodi Zucchero. Gusti eterogenei, non necessariamente colti, perché se ho capito una cosa di te è che sapevi riconoscere il classico e l’ “alto” senza cedere a inutili snobismi. Anzi, al passato preferivi il presente, quel linguaggio contemporaneo che per te rendeva un Bukowski o un Celine più vicino ai giovani rispetto ai classici della letteratura inglese dell’800.

Certe notti somigliano a un vizio che tu non vuoi smettere smettere mai

Le notti di Londra. Le notti di Firenze. Quelle di Rimini, di Parigi, di Amsterdam e di Berlino. Il tocco delicato che hai avuto nel descrivere abbandoni e ritorni, passione e incomunicabilità l’ho trovato forse solo nelle mie letture adolescenziali di Sartre e Hesse o nel cinema di Antonioni. E poi a un certo punto sembrava tu non ce la facessi più:  tornava in te l’ardore degli “”Altri Libertini” e dei militari di “Pao Pao”. Ecco allora nottate passate in feste o club gay, per sfogare anche con amanti occasionali il tuo desiderio di vita. Ma era un attimo, non di più: il dolore batteva sempre l’ardore, quando poi dovevi tirare giù la maschera di fronte al tassista di turno che ti veniva a prendere di fronte al locale dove avevi fatto notte per poi riportarti nel tuo albergo dorato. Insieme al pagamento della corsa, l’altro prezzo da pagare era quello di essere giudicato. Quanta somiglianza, in questi frangenti, con ciò che si è sempre scritto e detto di quel Freddie Mercury che non hai mai amato!

Certe notti fai un po’ di cagnara che sentano che non cambierai più

Ancora i rumori del Postoristoro della stazione di Reggio Emilia, il classico bar che confonde i suoni con quelli provenienti dai binari e dai sottopassaggi. Poi ci sono le urla dei militari in libera uscita in “Pao Pao”, ragazzi pronti al libero sfogo dopo giornate fatte di regole inutili. Nuovi luoghi, nuove città, nuove amicizie, nuovi amori. C’è la cagnara della Riviera anni ’80 di “Rimini” e quella del tutto interiore di “Camere separate”. Non cambierai più se ti evolvi sempre.

Quelle notti fra cosce e zanzare e nebbia e locali a cui dai del tu

Qui ci sono ancora tutti tuoi libertini. Si, ho notato che quando ti sei affermato come scrittore hai iniziato a frequentare le belle feste sui lungarni a Firenze, nelle zone del quadrilatero di Milano, a viaggiare nei migliori quartieri di Londra o Parigi. Ma nei tuoi primi lavori ci sono le balere della bassa emiliana, non propriamente pulite, frequentate dai soliti emarginati, perse in una nebbia costante sia fisica e mentale. Eppure a questi locali e ai suoi frequentatori davi del tu, esattamente come avrai fatto con persone più colte, in ambienti e luoghi diversi.

Certe notti c’hai qualche ferita che qualche tua amica disinfetterà

L’ Annacarla, la Giusy e compagnia bella del Postoristoro. Sono certo che sarai d’accordo con me se penso che l’amica che “cura le ferite” di cui parla Ligabue sia proprio come loro, una donna di facili costumi. Non è la donna che ti accarezza i capelli o ti bacia in un momento di debolezza sperando di diventare la tua fidanzata, ma una sconosciuta con cui avere un rapporto materiale di dare e avere. Non scordiamo che stiamo facendo un viaggio che in una canzone di metà anni ‘90, quando ancora il percorso del Liga era solo all’inizio, il politically correct inesistente e tu, Vicky, ancora fresco nella sua mente.

Certe notti coi bar che son chiusi al primo autogrill c’è chi festeggerà

Questa frase detta oggi in tempi pandemia fa sorridere amaramente, visto che c’è davvero chi ha improvvisato feste all’autogrill pur di avere una botta di vita. Qui il Liga ti ha voluto fare l’omaggio migliore, ne sono certo, a te e al capitolo finale di “Altri Libertini”. In “Autobahn”, che significa “autostrada” in tedesco, tu racconti una notte passata da alcuni ragazzi sull’autostrada del Brennero, con la promessa di sfrecciare verso la Germania, Berlino, la libertà. Sono giovani che escono apparentemente senza scopo, vista l’impossibilità reale di arrivare davvero a destinazione con i loro mezzi. Eppure in quell’ultima frase del libro “[…]partiamo tutti insieme all’avventuraaaa!”, in quelle quattro “a” finali che danno entusiasmo e sanno di urlo liberatorio, c’è tutta la voglia di vivere di una generazione che in fondo non si rassegna a restare ai margini del mondo solo perché nata in provincia. Come me, come te, come il Liga. E Guccini, Ferretti, Bertoli, Vasco…

E si può restare soli, certe notti qui, chi s’accontenta gode così così

Quante notte avrai passato da solo. Quante altre accontentandoti, così così. In fondo, hai sempre idealizzato l’amore: lo si capisce benissimo nel personaggio di Thomas in “Camere Separate”, amato dal tuo alter ego non tanto per le sue qualità reali ma per quelle immateriali. La vita reale però è fatta di incontri, di scontri, di arrivi e di partenze effettive, di situazioni di compromesso che a volte non fanno male e altre significano doversi accontentare.

Certe notti sei sveglio o non sarai sveglio mai, ci vediamo da Mario prima o poi

Le notti passate a pensare parole, le notti passate a scrivere, le notti passate con accanto qualcuno, prima di una separazione, le notti passate ad aspettare qualcuno. Le notti passate da sveglio a pensare, quelle passate da sveglio a sognare, mai sveglio veramente dunque. Il bar di Mario, come l’autogrill sull’autostrada del Brennero o le discoteche di Rimini sono la via di fuga, intesa sempre in due modi: come luogo reale, scappando fuori da quelle notti bianche fatte di tormenti, o come luogo del sogno, dove vivono tutti i personaggi che hai raccontato nei tuoi romanzi.

Certe notti ti senti padrone di un posto che tanto di giorno non c’è

Ogni viaggio è alla portata, anche da un paese di provincia, basta avere la capacità di scriverlo. Lo hai scoperto tu, che nella tua biblioteca possedevi più di duemila libri, lo ha capito benissimo Ligabue, quando fece ascoltare i suoi sogni di “Rock n’Roll” per la prima volta a Pierangelo Bertoli.  Leggendo “Altri Libertini” quel ragazzo di Correggio capì che se voleva fare il cantautore doveva smettere di cercare argomenti colti alla De Andrè, ma parlare esattamente di tutto quello che vedeva intorno a sé. Cominciò a sentirsi padrone di un mondo  che non c’era strimpellando la chitarra di notte, perché quello era il bar Mario visto da lui e servito apposta per noi.

Certe notti se sei fortunato bussi alla porta di chi è come te

Hai descritto tanti appartamenti nei tuoi romanzi, a volte fatiscenti, a volte elegantissimi. Li hai dipinti quel tanto che bastava a renderli funzionali ai tormenti di chi ci viveva dentro: amici, amanti, compagni di avventure o sventure. Le case sono sempre lo spazio della scrittura e della mente, dell’unione o della separazione. Ma la porta più autentica a cui ti ho visto bussare è stata quella dei tuoi genitori, quando in “Un Weekend Postmoderno” hai raccontato i luoghi della tua infanzia e quella chiesetta che mi sembra ancora di vedere. In testa ho ancora la squillante parlata emiliana di tua mamma e davanti agli occhi il semplice contegno di tuo padre. Sei morto nella casa dei tuoi  in un freddo giorno di dicembre del 1991, nello stesso palazzo in cui Ligabue viveva con la moglie. Lui non sapeva che stavi morendo, pensava solo che tu fossi tornato a casa da uno dei tuoi viaggi, vedendo la tua Saab parcheggiata nel viale. Quella notte i sogni di rock n’ roll sono finiti e io penso solo a cosa deve essere stato per i tuoi genitori veder morire un figlio. E mi viene da piangere.

C’è la notte che ti tiene fra le sue tette un po’ mamma un po’porca com’è

Quella notte che ho ritrovato in ogni tuo romanzo come spazio vitale. Nei viaggi di giovani persi nel desiderio di vita in “Altri Libertini”. Nei militari impreparati alla vita in “Pao Pao”. Nelle notti sfrenate delle estati romagnole, con il sesso occasionale che diventa ragione di vita in “Rimini”. Nel delicato esistenzialismo di “Camere Separate”, in cui il rapporto amoroso fra i due uomini protagonisti è anche quello di un padre con un figlio. In effetti è vero, solo la notte può essere mamma e porca così.

Quelle notti da farci l’amore fin quando fa male, fin quando ce n’è

Ogni rapporto amoroso, dal più passionale al più materiale, nei tuoi romanzi lascia spazio al dopo. Alla quiete dopo la tempesta che diventa occasione per riflettere sui rapporti umani e la loro difficoltà a durare nel tempo. Forse il momento della notte in cui fare l’amore fa male è proprio questo: la fine di un amplesso, che nel bene o nel male è sempre un momento di rivelazione.

E si può restare soli, certe notti qui…

Avrei voluto incontrarti al Dams. Ma l’ho fatto stesso con i tuoi libri e da ragazzo anche con le canzoni del Liga. Lo faccio ogni mattina prima di andare al lavoro, ogni notte che ho pensieri, ogni momento che voglio lasciare una parola in dono a Viviana o a Lucia. Sei lo scrittore giovane per eccellenza, nessuno come te ha saputo raccontare una generazione di ragazzi e avvolgerli come in un sacco a pelo sul ponte di un traghetto per la Grecia, nel bel mezzo dell’estate delle loro e delle nostre vite.

Avresti avuto ancora tanto da dare e mi struggo per il dolore dei tuoi genitori. Ma forse era scritto che tu giovane dovessi rimanere per sempre.

Grazie Vicky, certe notti sogna di rock n’roll.

M.

Pier Vittorio Tondelli. i libri citati in questa lettera (e tutti gli altri)

Romanzi
Altri libertini, Milano, Feltrinelli, 1980.
Pao Pao, Milano, Feltrinelli, 1982.
Rimini, Milano, Bompiani, 1985.
Camere separate, Milano, Bompiani, 1989.

Saggistica
Un weekend postmoderno. Cronache dagli anni ottanta, Milano, Bompiani, 1990.
L’abbandono. Racconti dagli anni ottanta, a cura di Fulvio Panzeri, Milano, Bompiani, 1993. [postumo]

Drammaturgie
Dinner Party, a cura di Fulvio Panzeri, Milano, Bompiani, 1994.

 

Luciano Ligabue: discografia essenziale (secondo noi)

1990 – Ligabue
1991 – Lambrusco coltelli rose & pop corn
1993 – Sopravvissuti e sopravviventi
1994 – A che ora è la fine del mondo?
1995 – Buon compleanno Elvis
1997 – Su e giù da un palco

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