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Goethe, Foscolo e l’ultima lettera di Kurt Cobain

Celebriamo i 30 anni di un album importantissimo come “Nevermind” dei Nirvana: lo proponiamo insieme a un paio d’esempi (Goethe e Foscolo) di quel Romanticismo europeo che abbiamo amato e odiato a scuola ma che vale la pena di riscoprire.

Kurt Cobain ci ha lasciato all’apice della carriera, volutamente: lo ha fatto nello stesso momento in cui ha capito che era diventato parte di quel sistema che egli stesso aveva provveduto a combattere. “Nevermind” è l’album della consacrazione al grande pubblico, quello per cui non sopportava di eseguire “Smells like teen spirit” durante i concerti perché magari era l’unico motivo per venire a vederlo, oppure quello che indossava maglioni larghi a righe (il Grunge fu anche moda) solo per tendenza, senza approfondire il perché.

Nella sua lettera d’addio Cobain fece chiaramente capire perché non poteva far parte del nostro mondo: colpisce molto il paragone con Freddie Mercury nel diverso approccio al palco. Va via scusandosi, ma in maniera inevitabile, come il Werther di Goethe.

L’istinto e la passione sono infatti gli elementi guida degli eroi romantici, così certi della propria missione da farla diventare ossessione appena trovano ostacoli insormontabili al suo compimento. Il suicidio è considerato quasi un atto dovuto, come conseguenza ad esempio dell’amore impossibile fra Werther e Charlotte. Lo stesso vale per lo Jacopo Ortis di Foscolo, appena comprende che non potrà cambiare il destino della sua povera patria.

Nei “Sonetti” del Foscolo è forte la tentazione di ricercare Cobain, specie in quelli più incentrati sulla passione giovanile (“Non so chi fui, perì di noi gran parte”) in cui sembra esserci un percorso comune che porta dall’ardore alla rassegnazione.

Meglio allora “bruciare subito, che spegnersi lentamente” , come ha scritto sempre Cobain nella sua ultima lettera, di cui trovate di seguito il testo completo e un’accorata lettura di Paola Maugeri.

«A Boddah.
Vi parlo dal punto di vista di un sempliciotto un po’ vissuto che preferirebbe essere un bimbo lamentoso. Questa lettera dovrebbe essere abbastanza semplice da capire. Tutti gli avvertimenti della scuola base del punk-rock che mi sono stati dati nel corso degli anni, dai miei esordi, come l’etica dell’indipendenza e della comunità si sono rivelati esatti. Non provo più emozioni nell’ascoltare musica e nemmeno nel crearla e nel leggere e nello scrivere da troppi anni ormai. Questo mi fa sentire terribilmente colpevole. Per esempio quando siamo nel backstage e le luci si spengono e sento alzarsi forte l’urlo del pubblico, non provo quello che provava Freddie Mercurio, che si sentiva inebriato dalla folla, ne traeva energia e io l’ho sempre ammirato e invidiato per questo. Il fatto è che non posso imbrogliarvi, nessuno di voi. Semplicemente non sarebbe giusto nei vostri confronti né nei miei. Il peggior crimine che mi possa venire in mente è quello di fingere e far credere che io mi stia divertendo al 100%. A volte mi sento come se dovessi timbrare il cartellino ogni volta che salgo sul palco. Ho provato tutto quello che è in mio potere per apprezzare questo (e l’apprezzo, Dio mi sia testimone che l’apprezzo, ma non è abbastanza).

Ho apprezzato il fatto che io e gli altri abbiamo coinvolto e intrattenuto tutta questa gente. Ma devo essere uno di quei narcisisti che apprezzano le cose solo quando non ci sono più. Sono troppo sensibile. Ho bisogno di stordirmi per ritrovare quell’entusiasmo che avevo da bambino. Durante gli ultimi tre nostri tour sono riuscito ad apprezzare molto di più le persone che conoscevo personalmente e i fan della nostra musica, ma ancora non riesco a superare la frustrazione, il senso di colpa e l’empatia che ho per tutti. C’è del buono in ognuno di noi e credo di amare troppo la gente, così tanto che mi sento troppo fottutamente triste. Il piccolo triste, sensibile, ingrato, pezzo dell’uomo Gesù! Perché non ti diverti e basta? Non lo so. Ho una moglie divina che trasuda ambizione ed empatia e una figlia che mi ricorda di quando ero come lei, pieno di amore e gioia.

Bacia (Frances, ndr) tutte le persone che incontra perché tutti sono buoni e nessuno può farle del male. E questo mi terrorizza a tal punto che perdo le mie funzioni vitali. Non posso sopportare l’idea che Frances diventi una miserabile, autodistruttiva rocker come me. Mi è andata bene, molto bene durante questi anni, e ne sono grato, ma è dall’età di sette anni che sono avverso al genere umano. Solo perché a tutti sembra così facile tirare avanti ed essere empatici. Penso sia solo perché io amo e mi rammarico troppo per la gente. Grazie a tutti voi dal fondo del mio bruciante, nauseato stomaco per le vostre lettere e il supporto che mi avete dato negli anni passati. Io sono un bambino incostante, lunatico! E non ho più nessuna emozione, e ricordate, è meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente.

Pace, amore, empatia. Kurt Cobain.

Frances e Courtney, io sarò al vostro altare.
Ti prego Courtney tieni duro, per Frances.
Per la sua vita, che sarà molto più felice senza di me.
VI AMO. VI AMO. »

(K. C.)

 

 

 

 

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