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Liberi Liberi e il senso di un Romanzo Criminale

Liberi Liberi di Vasco Rossi divide gli ascoltatori in due categorie: chi ha letto il libro, amato la storia e divorato la serie TV “Romanzo Criminale” e chi no. Fra questi ultimi ci sono per la maggior parte i fan di Vasco e i giovani di inizio anni ’90, quando il brano fa da colonna sonora ad un’Italia sulla cresta dell’onda come non mai.

I primi tuttavia non devono essere per forza fan di Vasco (io ad esempio non lo sono,  come in generale di tutta la musica italiana), ma sicuramente conoscono a menadito la storia del Libanese, del Dandi e del Freddo. La feroce ascesa al potere parte di tre ragazzi del popolo e della loro banda parte dalle strade della Magliana di Roma, si intreccia con i misteri occulti dell’Italia degli anni di piombo e si conclude proprio a inizio anni ’90, quando Vasco esce con il suo inno generazionale.

“Romanzo Criminale” è un’opera scritta dal giudice Giancarlo De Cataldo ed è composta da capitoli brevi e veloci, che a dispetto della lunghezza complessiva lo rendono una lettura scorrevole e coinvolgente. La vicenda unisce il genere gangster-noir al romanzo di formazione e non mancano riferimenti al thriller con risvolti politici. La formazione della banda della Magliana parte dal sogno impossibile di un gruppo di giovani: quello di conquistare Roma ad ogni costo, come dei moderni imperatori del crimine. Fino ad allora infatti le attività illecite nella capitale erano in mano a campani e siciliani, visto che i romani si dedicavano per lo più a piccoli furti ed erano incapaci di darsi una vera organizzazione gerarchica. La loro mentalità da piccoli delinquenti li portava ad strutturarsi in bande di poche persone (le cosiddette “batterie”) che spesso non avevano vita lunga, anche perché i guadagni occasionali venivano sperperati subito. In sostanza, si viveva alla giornata.

Il Libanese, il vero fondatore dell’organizzazione criminale, intravede un vuoto nel potere nei capi tradizionali, si allea con la batteria del Freddo e impone a se stesso e a tutti gli altri un duro regolamento interno, proprio come se i malavitosi fossero dipendenti di un’azienda. Fin dal primo colpo (il sequestro di un barone) è evidente che non si vive più di espedienti: il riscatto non viene distribuito a tutti per l’intero importo ma solo in parte, mentre il resto viene accantonato in un fondo comune per finanziare i prossimi investimenti.

L’obiettivo è chiaro:

“Pjamose Roma, e pijamosela mo’, prima che lo faccia qualcun altro”

Da lì inizia un escalation che li porta ad assumere un potere in certi momenti più grande di loro, tanto da farli arrivare in breve tempo nelle stanze dei bottoni della prima Repubblica.

La serie TV, produzione Sky di ormai un decennio fa, contribuisce a far identificare i volti degli attori con quelli dei protagonisti del libro, un po’come succede a tutti noi per il commissario Montalbano. De Cataldo stesso è stato fra gli sceneggiatori della serie e quindi c’è da pensare che nulla sia stato lasciato al caso, dalla caratterizzazione dei personaggi alle musiche scelte nel film.

Il Libanese è visionario, violento, ambizioso, leale verso i compagni, spietato con i nemici ed è la vera anima imprenditoriale del gruppo, quello che gli ha “tolti tutti dalla strada pe’ faje vedè er Paradiso”. Nella sua feroce determinazione si cela una coerenza e una totale dedizione all’obbiettivo che lo rende magnetico per lo spettatore, che empaticamente soffre con lui quando inizia il declino, dovuto al classico logorìo da potere.

Nel corso della storia, il Libanese sarà proprio il primo ad andare incontro al suo destino: la scena del suo funerale  è scandita da I wont let you down dei Ph. D, che qualcuno ricorderà nell’adattamento italiano di Zucchero. La musica segue meticolosamente tutta la scena: la bara che viene chiusa poco dopo essere stata toccata dalla madre, i passi del Freddo che esce di corsa dal cimitero, gli sguardi Dandi e Patrizia che sfidano il commissario Scialoja.

Poco prima You really got me dei Kinks aveva raccontato come il Bufalo, uno degli scagnozzi della banda, aveva giurato fedeltà al Libanese fin da bambino. Ogni brano ha una sua specifica funzione nella fiction, da Atmosphere dei Joy Division per l’arresto del Freddo, fino a Liberi Liberi di Vasco Rossi, grazie alla quale De Cataldo contribuisce a mettere in scena l’epilogo che non avrebbe potuto mai scrivere senza un’adeguata colonna sonora.

Proprio per questo nel libro non troverete questo capitolo: il romanzo si chiude in maniera lineare, non circolare come la serie.

Appena parte il sax di Liberi Liberi lo spettatore ha la percezione immediata che gli verrà svelato tutto sui personaggi della serie: c’è giusto il tempo di un breve accenno al destino del commissario Scialoja, che ha passato la vita a inseguire i criminali della banda, per poi fare un salto temporale fino ai giorni nostri. Il protagonista dell’ultima scena è proprio il Bufalo, malandato e vecchio, che dopo aver commesso un delitto efferato torna nel bar che faceva da base alla banda. Qui inizia a vivere il suo ultimo sogno: la stanza degli aperitivi torna ad essere quella del biliardo di trent’anni prima e proprio davanti a lui si materializzano tutti i suoi compagni all’inizio della loro ascesa criminale.

Liberi Liberi accompagna questa atmosfera onirica con il suo senso di ineluttabilità e nostalgia. Stupisce come la sceneggiatura segua la canzone e non viceversa.

La prima strofa allude a una possibile vita diversa (“e magari se lei fosse stata con me, adesso sarei sposato” – come non pensare al Freddo che nelle prime puntate vive la sua storia breve e impossibile con la dolce Roberta sulle note di Albachiara), salvo poi ricordarci subito dopo che era già stato scritto un destino ben preciso per tutti loro (“se fossi stato.. ma non sono mai stato così, insomma dai, adesso sono qui”). In fondo non è più così importante: l’unica certezza è che l’entusiasmo di allora non tornerà più (“finchè eravamo giovani era tutta un’altra cosa”) perché gli stimoli sono finiti (“quella voglia, la voglia di vivere, quella voglia che c’era allora che c’era allora chissà dov’è, chissà dov’è?”) e con essi anche il sogno: il Bufalo ritorna improvvisamente ai nostri giorni (“che cosa è stato cambiare così? Mi son svegliato ed era tutto qui”) ed è pronto anche lui a vivere il suo epilogo, ormai braccato dalla polizia.

Mentre i titoli di coda scorrono sullo schermo, ci sentiamo chiedere ancora: “Cosa diventò, cosa diventò quella voglia che non c’è più? E come mai non rispondi più?”. Una domanda destinata a restare senza risposta.

Liberi Liberi riassume il senso di un romanzo di 628 pagine e di una serie TV di 22 puntate in poco più di 6 minuti. Tutto nella musica e nelle parole di Vasco Rossi.

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