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La ragazza di Camden Square

In certe giornate apatiche, magari proprio in quelle di gennaio che si avvicinano al blue monday, è capitato a tutti di pensare che da qualche parte esiste qualcuno con una vita perfetta, senza i tempi morti o ripetitivi che abbiamo noi persone comuni.

È la condizione che spesso un’opinione comune e molto superficiale associa a chi è ricco e famoso: soldi a palate e fama fanno immaginare cantanti e scrittori come protetti da una bolla che rende impermeabili all’infelicità.

Lo stesso avviene quando, in una fase di stanchezza di un rapporto sentimentale, si fanno confronti con altre coppie e se individuano alcune più coese e complici rispetto a quella di cui facciamo parte, magari ancora per poco.

“La ragazza del treno”, protagonista dell’omonimo romanzo di Paula Hawkins, è una pendolare che ogni giorno nel tragitto casa lavoro osserva le case di Londra e fra queste presta particolare attenzione ai gesti di una coppia attraverso una finestra. Giovani e belli, l’apparente felicità di questi sconosciuti diventa un’utopia per la protagonista, la perfezione assoluta se paragonata alla sua noiosa condizione di vita.

Pensiamo di tornare anche noi per un attimo a Londra, però ad inizio millennio. Immaginiamo di curiosare in un’abitazione ben precisa, al numero 30 di Camden Square, quella in cui Amy Winehouse viveva e componeva la sua meravigliosa musica. Avremmo certamente visto una donna giovane e famosa, con una casa da sogno in una delle città più cool del mondo e dotata di dono artistico non comune.

Tornati a casa nostra, avremmo messo nel giradischi il vinile dei suoi successi, pronti a farci cullare da quel sound così retrò eppure irresistibile. Ci avremmo trovato un conforto alle nostre giornate e magari un momento di felicità, lo stesso che però non provava lei. Almeno così dicevano i giornali in quei giorni.

In realtà il suo grido di dolore è espresso chiaramente in alcuni dei suoi brani più famosi: in “Rehab” rifiuta di disintossicarsi dall’alcol, in “Love is a losing game” ribadisce l’impossibilità di essere amata e infine nel suo capolavoro “Back to Black” si rivolge piangendo al suo uomo: tu torni da lei e io torno nelle tenebre. 

La ragazza del treno un giorno si accorge in modo eclatante che in quella coppia tanto ammirata qualcosa non va. In fondo, non sarebbe stato difficile capirlo neanche prima, non importava che succedesse per forza qualcosa di preciso.

Come noi con Amy: prima di quel maledetto 23 luglio 2011, prima di tirare in ballo la regola del 27 che non sbaglia mai, prima di sfogliare distrattamente i giornali che parlavano di lei, avremmo dovuto ascoltare meglio le sue canzoni. Le risposte, o le domande, erano tutte lì.

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