Che meraviglia per questo 8 marzo mettermi a parlare delle donne siciliane, per me che una donna siciliana l’ho sposata. E’ anche un po’ diverso dal solito, perché posso scrivere qualche parola con lo spirito di chi osserva da lontano pur avendo imparato a conoscere l’argomento.
Il libro di Giacomo Pilati “Le Siciliane” è una serie di racconti brevi che parte dai quattro elementi (terra, fuoco, aria e acqua) per descrivere il temperamento di donne siciliane forti, che sanno cambiare un destino già scritto grazie alla loro costanza. C’è sempre una contrapposizione con gli uomini, che sono più forti di loro solo per costituzione fisica ma non nella capacità di prendere in mano le situazioni importanti. Il libro, come si legge nell’introduzione del giornalista Marcello Sorgi, è la prosecuzione ideale di un saggio di Leonardo Sciascia degli anni ’70, che aveva giocato come Pirandello su realtà e la finzione: la donna siciliana è piegata all’uomo solo in apparenza, perché è lei che costruisce le basi per il futuro suo e delle persone care. Con il senso della famiglia, prima di tutto.
Da buon toscano osservo questo gioco di ruoli un po’ divertito, ma anche affascinato: una cultura che vive nei racconti che Viviana mi ha fatto di alcune generazioni lontane della sua famiglia, nei ricordi di incontri fugaci fra donne e uomini, quasi fosse una commedia teatrale. Storie soprattutto di corteggiamenti, in cui l’uomo sembrava avere sempre la possibilità di scegliere ma in realtà (si capisce subito) era la donna a dire l’ultima parola, anche solo con uno sguardo. Me li immaginavo quei visi di donne del sud, in cui le rughe del sacrificio e il senso del comando erano scritte fra le linee del viso fin da giovani. In molti casi lo sono tuttora.
“E ti vengo a cercare”, chissà quanti uomini lo avranno detto alle loro donne in fase di corteggiamento. Questo è anche il titolo di una delle canzoni più belle di un musicista siciliano che ha dedicato alle donne della sua terra capolavori indimenticabili, il professor Franco Battiato. Conosciamo tutti “La Cura”, in cui descrive con immagini indimenticabili l’amore di un uomo maturo verso una persona più giovane, fragile e inesperta di lui. Per molti (forse anche per me, devo ammetterlo) la frase “supererò le barriere gravitazionali, lo spazio e la luce per non farti invecchiare” è il sentimento più alto che si può provare nei confronti di chi si ama. Volerla vedere sempre giovane, cercare di immortalarla in un attimo pur sapendo che lo scorrere inesorabile del tempo non lo consentirà. Eppure Battiato era riuscito qualche anno prima a portarci su vette altissime parlando sempre delle sue donne: in “E ti vengo a cercare” l’amata è un rifugio sicuro rispetto ad un mondo arido, fatto di cose senza senso, gioie passeggere e persone grette, che non esita a definire “parassiti senza dignità”.
Gli autori siciliani sanno descrivere le proprie conterranee in maniera netta, grazie a opere d’arte che sembrano pensate proprio per farle capire a noi, che amiamo la Sicilia ma non ci siamo nati. Un invito in parole e musica ad andarle a cercare. Io penso di averlo raccolto.
Questo articolo è traboccante.
Nella sua apparente semplicità, mi è arrivato come una schioppettata in fronte.
Buona giornata, e tante cose belle!