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L’acqua del lago non è mai dolce di Giulia Caminito

Candidato al Premio Strega 2021, L’acqua del lago non è mai dolce di Giulia Caminito mi ha travolta con la sua acqua apparentemente calma.

Quest’anno, infatti, il percorso di lettura sul Premo Strega 2021 si sta rivelando un po’ faticoso. Mi sta portando dentro le case, dentro le camere dell’adolescenza con la porta perennemente chiusa, dentro i silenzi e le parole non dette, malumori, senso di inadeguatezza, rapporti famigliari turbolenti ma fondamentali, ricordi nostalgici e sensi di colpa.

La brezza del lago non ha sapidità. L’acqua del lago è dolce, è zuccherina, ha il sapore delle ciliegie, della marmellata di clementine, è SEMPRE dolce.

Il titolo però ci dice che non lo è MAI.
Perché?

Il lago è una parola magica.

Tra tutte le case cambiate e vissute, quella vicino al lago di Bracciano è dove la protagonista adolescente de “L’acqua del lago non è mai dolce” fa davvero i conti con se stessa e il suo futuro.

La casa è dove le cose cadono a terra.

Figlia di una coppia con mille problemi e soprattutto di una madre molto ingombrante, severa e MAI dolce, Gaia vive la sua vita tra mille privazioni non solo materiali.
La totale mancanza di affetto è ciò che mi ha disturbato di più, leggendo le pagine di questo romanzo che ovviamente ricorda tanto quello di Teresa Ciabatti (malignamente ci si potrebbe domandare: Chi ha copiato chi?) con qualche accenno a Un’amicizia di Silvia Avallone.

Genitori distrutti, madri che vogliono essere presenti con l’unico risultato di essere sempre più lontane, mancanza di comunicazione (il dialogo non è ammesso), amicizie sbagliate che sembrano giuste (L’amicizia nasce nel momento in cui una persona dice a un’altra: Cosa? Anche tu? Credevo di essere l’unica…), reazioni incontrollate, presa di coscienza tardiva, pentimento, consapevolezza dei propri errori, riscatto.

Questi in sostanza sono i temi de “L’acqua del lago non è mai dolce“, argomenti ben costruiti da Giulia Caminito che ha attinto da storie non necessariamente vissute in prima persona, ma che le hanno fornito lo spunto per gli avvenimenti vissuti dai suoi protagonisti.

C’è quindi una madre, il capitano della nave, Antonia Colombo. Una donna che non cambia, quella che regge da sola le mura nel crollo, che porta la famiglia in spalla fuori dalla casa in fiamme.
C’è una figlia, Gaia, che cresce e “muta come biscia al sole“, mentre Antonia resta sempre uguale a se stessa, scolpita nel marmo della sua maternità.
Ci sono le amicizie, quelle del “bisogno”, che vengono vissute in modo assoluto come è giusto che sia in età adolescenziale (siamo tre castelli arroccati, desideriamo un esercito che ci difenda, cerchiamo qualcuno che presidi la fortezza), pronte a disintegrarsi al primo scossone.
C’è la fragilità delle famiglie in difficoltà economica e dei giovani anni 2000, l’incertezza del futuro e il precariato.

Il tutto tra Roma città e la periferia, tra case popolari, il lago, la fontana con i pesci rossi e orsacchiotti che vengono lasciati nella casa dove resta il cuore.

Questo libro fa parte della dozzina del Premio Strega 2021 ed è stato letto con il mio gruppo di lettura #inattesadellacinquina

 

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