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Il Conte di Montecristo di Alexandre Dumas

Immenso. Non mi vengono altri aggettivi per definire questo grande capolavoro della letteratura francese e direi anche mondiale. Credo sia uno dei classici più belli letti fino a questo momento, un romanzo difficile da dimenticare, facile da amare.

Non fatevi spaventare dalla mole: si tratta di 1214 pagine (nell’edizione Einaudi) di puro stupore. E’ tra l’altro la prima volta che mi capita, finito il libro, di ricominciare a leggerlo da capo per sorprendermi ancora di più della cura dei dettagli, delle “trovate” (o genialate) dell’autore, del linguaggio mai stancante e “pieno”.

Si, Alexandre Dumas (padre del Dumas autore de La signora delle camelie) ha utilizzato un linguaggio ricco e pieno di sostanza, costruendo una storia al limite della realtà, in un contesto storico ben definito (sono gli anni dei Cento giorni di Napoleone, la fine del suo regno di e la  restaurazione borbonica, trail 1815 e il 1838). Leggendo Il Conte di Montecristo, quindi, innanzitutto si ripassa la storia francese e si viaggia tra la Francia e l’Italia, da Marsiglia allo Chateau d’If e isola di Tiboulen, dall’Isola di Montecristo (non lontana dall’Isola d’Elba) a Roma fino a Parigi. Oggi vorrei tanto visitare tutti questi luoghi divenuti a me tanto cari.

Di cosa parla quindi questo grande capolavoro?
Non voglio tediarvi con la trama che, ovviamente, trovate ovunque sul web (e poi a me, lo sapete, non piace spoilerare). Voglio però analizzare le sue parti e dividerlo per come l’ho vissuto io.

E’ un romanzo che contiene tanti altri romanzi e che, tutti insieme, diventano perfezione.

Le prime 200 pagine ci fanno conoscere il giovane Edmond Dantès, marinaio di Marsiglia che si distingue all’interno dell’equipaggio, benvoluto dall’armatore Morrel, desideroso di portare avanti il suo progetto d’amore sposando la bella Mercedès e occuparsi del vecchio padre.
Una vita semplice e umile che però solleva l’invidia di alcuni uomini che complottano per la sua  rovina.

Danglars, Fernand e Villefort (segnate bene in mente questi nomi!) faranno perdere a Dantès 14 lunghi anni della sua vita , accusato ingiustamente come bonapartista, confinato in carcere nel Castello d’If, dal 1815 al 1829.

Commuovente il rapporto d’amicizia che Dantès instaura segretamente con un prete carcerato come lui, padre Faria, che sarà la chiave della sua salvezza e soprattutto della ricchezza di cui godrà successivamente il giovane, impossessandosi dell’Isola di Montecristo.

Dantès sarà animato da un forte desiderio di vendetta che gli farà muovere tutti i successivi passi: innanzitutto torna “a casa” senza essere riconosciuto, scopre i retroscena dalle persone coinvolte nel complotto e premia i meritevoli (tutto questo fino a pag. 290).

La parentesi romana non mi è piaciuta particolarmente (nel frattempo sono passati altri 10 anni), ma presenta dei personaggi che avranno una parte fondamentale nei capitoli successivi. Niente è per caso! In sostanza, Dantès, che si fa chiamare Conte di Montecristo, inizia a stabilire i contatti utili per portare avanti il suo disegno di vendetta per arrivare a Parigi dove, adesso, risiedono le persone che gli hanno voluto male.

Da quando arriva a Parigi è quindi un crescendo di situazioni e macchinazioni, alcune davvero così incredibili e affascinanti da non credere!

Il Conte diventa quasi un Dio agli occhi di molti. Mi ha molto colpito, infatti, ciò che gli viene detto da “un amico”, proprio alla fine del libro:

“Voi conte, che mi avete dato la parola, voi che siete più di un uomo, voi che chiamerei dio se non foste mortale…”

Ma il Conte vuole sostituirsi davvero a Dio? Vuole davvero portare avanti la sua vendetta? Il Conte fa un percorso che lo porterà, si, a vendicarsi, ma mai per mano davvero sua. E’ sorprendente, infatti, il modo in cui le persone che lo hanno ferito si sono “eliminate” da sole, una volta messe di fronte alla verità.

Il Conte, alla fine, perdona.

Disceso da un pianeta chiamato dolore, capisce che la miglior cosa è ATTENDERE e SPERARE, le uniche due parole in cui è contenuta tutta la saggezza umana.

Arrivare all’ultima pagina con la consapevolezza di lasciare un grande uomo come Dantès mi ha profondamente commossa, anche perché si chiude un cerchio perfetto con un grandissimo messaggio di pace, amore e perdono.

Sicuramente lo rileggerò.

Come sempre accade quando leggo, sono andata a cercare su maps i luoghi in cui si svolge la  storia e a leggere la nota biografica dell’autore. Leggendo la vita di Dumas ho infatti scoperto come mai sia stato ispirato dalla storia del suo tempo: è stato lui stesso in prima linea nella vita politica degli anni in cui ha vissuto.

Alexandre Dumas (1802 – 1870) è famoso soprattutto per Il conte di Montecristo e la trilogia dei moschettieri formata da I tre moschettieri, Vent’anni dopo e Il visconte di Bragelonne.

Suo padre fu un generale della Rivoluzione francese, dal carattere fiero, in disaccordo con la politica imperialistica di Napoleone, tanto da essere imprigionato e scarcerato per le cattive condizioni di salute. Morì infatti malato quando Alexandre aveva solo tre anni e mezzo e fu quindi allevato dalla madre. I suoi studi non poterono essere molto approfonditi, data la penuria di denaro, ma molto presto il futuro scrittore manifestò uno spiccato interesse per la letteratura di ogni genere.

Le sue tre opere letterarie più note, La Regina Margot, I tre moschettieri e Il conte di
Montecristo furono pubblicate a puntate sui giornali a partire dal 1844: l’attesa dei lettori per l’uscita del capitolo successivo era febbrile, e Dumas, sapendolo, era abilissimo nel creare colpi di scena.

Dumas raggiunse Giuseppe Garibaldi partito per la Spedizione dei mille, fornendogli, con i soldi messi da parte, armi, munizioni e camicie rosse. Fu testimone oculare della Battaglia di Calatafimi, che descrisse ne I garibaldini, pubblicato nel 1861, e fu al fianco di Garibaldi nel giorno del suo ingresso a Napoli.

Insomma, Dumas fu un uomo attivo da molteplici punti di vista; iniziò a scrivere un ultimo grande romanzo proprio prima di morire, nel 1870, anch’esso ambientato in età napoleonica per chiudere il ciclo dei romanzi storici iniziato con La Regina Margot e I tre moschettieri: Il cavaliere di Sainte-Hermine.

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