LOADING

Digita il termine di ricerca

Sguardo leggero in lingua italiana: il Brunori rampante

Lo dichiaro senza mezzi termini: il presente è l’angolo dei vinili con il collegamento più naturale fra tutti quelli connessi finora, addirittura logico dopo l’incontro con Dario avvenuto a Bologna pochi giorni fa.

Eppure dopo i primi ascolti di Cip!, l’ultimo album di (Dario) Brunori Sas, avremmo parlato di ben altre associazioni. Ce n’era una quasi certa, con link a un bel libro di Melania Mazzucco. In settimana tuttavia non abbiamo potuto ignorare segnali di tipo diverso.

Prima di tutto l’evento di promozione dell’album, a cui abbiamo partecipato, che ci ha rivelato la personalità istrionica e ironica del cantautore. Non una simil-conferenza stampa, non un dibattito sulla presunta eredità della musica di Dalla – Battisti – Battiato – De Gregori, ma un dialogo oserei dire intimo (però eravamo in tanti a Bologna, tantissimi i giovani) in cui Dario ha detto tanto di lui in tono divertente. Poi le recensioni che sono uscite giorno dopo giorno, tutte di livello medio-alto: in una di queste (Dal sito “The Soundcheck”, eccola qui) l’analisi di Cip! si concludeva con una bellissima frase di Italo Calvino sul senso della vita: “Prendete la vita con leggerezza. Che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore.” (Lezioni Americane, 1988). Dario ci aveva detto proprio a Bologna di possedere uno sguardo fanciullesco nei confronti del mondo, disincantato, meno impegnato di quello che si può credere ascoltando le sue canzoni più attente alle evoluzioni della società. Insomma, anche nei testi più seri sembra conservare un po’ di purezza infantile ed è naturale pensare a Calvino, Pascoli, Benigni, Wim Wenders (specie in Paris Texas), il film Billy Elliot, l’opera rock Tommy dei The Who e il triste Jeremy dei Pearl Jam.

Lo sguardo di Dario è davvero lo stesso di un barone rampante, che si mette il costume da torero per “guarire il mondo intero con un tocco di poesia” (come dice in una sua canzone di qualche anno fa) e afferma di avere la metà degli anni rispetto a quelli segnati all’anagrafe.

Può parlare di tutto e del contrario di tutto con la candida autorevolezza di un bambino.

E’ il barone che non abbandona l’albero, ma è anche il piccolo Pin de Il sentiero dei nidi di ragno, che deve fare i conti con un mondo che lo ha costretto a crescere troppo presto. Dario chiarisce tutto in Cip!  brano dopo brano: come un fanciullo non accetta che il mondo debba essere diviso in razze, stati e religioni (Il mondo si divide),  poi esprime  in tono sempre scanzonato il dolore per la perdita improvvisa di persone care (Capita così), dopodiché passa in rassegna la sfera dei sentimenti di qualsiasi essere umano: famiglia (Mio fratello Alessandro), società (Al di là dell’amore) e rapporti amorosi (Per due che come noi). Tutto è preparato ad accogliere il dolcissimo pezzo finale, in cui parla di Achille, un bimbo condannato da una brutta malattia a non poter vedere il suo domani (Quelli che arriveranno).

Una vera commedia umana in cui non perde mai la purezza dello sguardo e la potenza della parola in musica.

Perché è proprio l’approccio con la nostra lingua che ci fa pensare ancora a Calvino.  Dario ha un bell’accento calabrese, che però non sovrasta mai la sicurezza con cui si esprime in italiano. In un’intervista rilasciata a Vanity Fair pochi giorni fa, ha affermato che in casa sua non si è mai parlato il dialetto: famiglia del sud con il babbo del nord, proprio come quella di Viviana. Questo certo sarebbe piaciuto molto a Calvino, che ha sempre avuto un’idea precisa nel dibattito intorno alla lingua italiana degli anni ’60: “Il mio ideale linguistico è un italiano che sia il più possibile concreto e il più possibile preciso. Il nemico da battere è la tendenza degli italiani a usare espressioni astratte e generiche. Per svilupparsi come lingua concreta e precisa l’italiano avrebbe possibilità che molte altre lingue non hanno” (Una pietra sopra. Discorsi di letteratura e società, 1980).

Nel momento in cui altri generi musicali, o sedicenti tali, sembrano snaturare l’italiano riducendolo ad uno sgrammaticato slang di periferia urbana (“frate- raga – sbatti – hai spaccato”), Dario ne conserva un rispetto quasi calviniano e lo esprime attraverso la “forma canzone”: rime perfette, immagini chiare e testi appropriati, come si addice a un piccolo grande cantastorie della nostra tradizione popolare.

13 gennaio 2020 - Le Scuderie, Bologna / "Per due che come noi" (1a parte) Brunori Sas

13 gennaio 2020 - Le Scuderie, Bologna / "Per due che come noi" (2a parte) Brunori Sas

13 gennaio 2020 - Le Scuderie, Bologna / "Al di là dell'amore" Brunori Sas

Tags:

Lascia un commento

Your email address will not be published. Required fields are marked *

  +  88  =  91

Newsletter

Vuoi essere aggiornato sulle ultime novità dalla mia libreria?

Iscriviti alla newsletter! Ne riceverai un paio al mese ;)